GIONA E LA BALENA

Il suo libro è costituito in soli quattro capitoli. Alcuni particolari della narrazione hanno indotto a sollevare dubbi sulla storicità della narrazione. Giona è menzionato in II Re e nel Corano, che sembrano riferirsi al medesimo Giona figlio di Amittai, profeta a Ninive.
Nel capitolo 1 il Signore comanda a Giona, figlio di Amittai, di andare a predicare a Ninive. Giona invece fugge a Tarsis su una nave che è investita da un temporale e rischia di colare a picco dalla violenza delle onde. Giona allora ritrova improvvisamente il proprio coraggio e svela ai compagni di viaggio che la colpa dell'ira divina è sua, poiché ha rifiutato di obbedire al Signore.
E così, nel capitolo 2 Giona è gettato in mare, ma un "grande pesce" (da nessuna parte è precisato che si tratti di una balena) lo inghiotte. Dal ventre del pesce, dove rimane tre giorni e tre notti, Giona rivolge a Dio un'intensa preghiera, che ricorda uno dei Salmi. Allora, dietro comando divino, il pesce vomita Giona sulla spiaggia.
Nel capitolo 3, Giona ottempera la sua missione e va a predicare ai niniviti. Questi, contro ogni aspettativa, gli credono, proclamano un digiuno, si vestono di sacco e Dio decide di risparmiare la città. Ma qui riemerge l'istinto ribelle di Giona: lui non è contento del perdono divino, voleva la punizione della città di Ninive. Deluso chiede a Dio di farlo morire.
Così, nel capitolo 4, si siede davanti alla città e attende gli eventi. Il Signore fa spuntare un ricino sopra la sua testa per apportargli ombra ed egli se ne rallegra moltissimo. Ma all'alba del giorno dopo un verme rode il ricino che muore, il sole e il vento caldo flagellano nuovamente Giona, che invoca di nuovo la morte. Iddio allora gli spiega: se tu ti rattristi a morte per una pianta di ricino, a maggior ragione mi ero rattristato io per la possibile morte di innocenti fra cui centoventimila persone e tanti animali.